In questo post vi racconto del mio “incontro ravvicinato” con un esemplare di VOX NIGHT TRAIN
Non trovando lo schema elettrico in rete, ho dovuto procedere allo smontaggio
dell’amplificatore e
allo studio diretto delle PCB per ricavarmi se non tutto, almeno la parte dello
schema elettrico di mio diretto interesse.
Quindi questa volta non saprei dire
se lo stadio pilota-sfasatore sia un “long tail” oppure del tipo a carico ripartito (soluzione che ho già visto adottata dalla VOX), come non sono del tutto sicuro
del fatto che il circuito sia dotato o meno di controreazione ad anello (NFB).
Il fatto che famosi modelli della VOX (come l’AC15 e l’AC30) non siano dotati della NFB e di aver constatato che i terminali
del trasformatore di uscita (da qui in avanti TU) sono collegati esclusivamente
alle uscite altoparlanti (l’anello della NFB, quando c’è, solitamente aggancia proprio l’uscita del TU) mi lascia supporre che il NIGHT TRAIN
50 non abbia la NFB.
La PCB è molto densamente popolata e a doppia faccia, fatto
che sembra spiegare la difficoltà di “decifrarlo” e quindi di reperire lo schema elettrico in
rete. Neanche per
me valeva la pena di perdere il tempo necessario a ricavarmi lo schema
completo, sia perché è mia abitudine
concludere i lavori commissionati nel più breve tempo possibile, sia perché sono innanzitutto un progettista e costruttore che fa affidamento a
circuitazioni comunque piuttosto diverse da quelle commerciali (e diretti
derivati) e anche perché l’attività stessa di riparatore ed elaboratore di prodotti
altrui la considero comunque “collaterale” e,
per quanto divertente,
non so fino a quando avrò tempo da dedicarvi.
Il racconto di questa esperienza potrebbe
rendere alcuni possessori di questa testata in grado di provvedere personalmente
alla manutenzione ordinaria e perché no, anche alle modifiche, a patto di possedere almeno un minimo di
esperienza, un multimetro almeno decente, un saldatore a stagno, pure, da saper
usare in modo almeno decente e di PRESTARE PARTICOLARE ATTENZIONE AL FATTO CHE
QUESTO AMPLIFICATORE E’ DOTATO DI CIRCUITI CHE LAVORANO A TENSIONI DI QUASI 500V E QUINDI
POTENZIALMENTE LETALI! Uomo avvisato…
Inoltre, la Night Train 50 mi è
sembrata, particolarmente, il “tipo giusto” che si prestasse all’implementazione della
connessione a triodo delle EL34, e i risultati sonici sembrano proprio avermi
dato ragione, ancora una volta (l’ho già esperita con successo anche su Fender Hot
Rod De Luxe e Soldano SLO CLONE 100). Questa elaborazione la consiglio a chi
desidera un suono più
coinvolgente ed accattivante, o, in alternativa, meno finto e costipato del solito,
sapendo di non necessitare di tutta la potenza che la testata è in grado di erogare
se lasciata nella originale configurazione a pentodo.
Fatta
la doverosa introduzione, passo a descrivere la “avventura” vissuta con questa testata.
Nelle
foto allegate troverete i riscontri visivi alla descrizione che state per
leggere.
R93 ed R94 sono due resistori da
1Kohm/5W in cassa ceramica e hanno la funzione di grid stoppers per le G2
(griglie schermo) delle EL34. R93 è quello collegato alla EL34 destra (quella più vicina al trasformatore di alimentazione, il più grosso tra i due da qui in poi solo TA), mentre R93 è quello collegato alla EL34 sinistra (quella dalla
parte del trasformatore di uscita, o TU, il più piccolo dei due).
Questi due resistori sono collegati alle griglie schermo (G2, corrispondenti ai piedini n°4 dei rispettivi zoccoli portavalvola) delle EL34, da una parte, mentre dalla parte opposta sono entrambi collegati, insieme, all'alimentatore ad alta tensione (configurazione a pentodo puro, più potente ma affetta da maggiori distorsioni e altri problemi). Per ottenere la configurazione a triodo delle EL34, come ho fatto anche io, bisogna collegare le G2 ai rispettivi anodi, invece che all’alimentatore anodico. Dunque si devono lasciare i resistori, certamente, collegati ai rispettivi piedini n°4 (le piste su PCB sono corte e quindi i collegamenti si vedono subito), mentre il reoforo opposto, sia di R93 che di R94, va dissaldato dalla PCB e sollevato da questa, insieme al resistore stesso, di alcuni millimetri.
La parte dei reofori così liberati, che attraversavano la PCB nel suo spessore insieme alla stagnatura, va piegata di 90 gradi verso l'esterno del resistore. Adesso bisogna preparare due spezzoni di filo elettrico (da 1,5 mm va benone) di lunghezza idonea e spellati su entrambi i capi (saranno mediamente 5 o 7 cm ognuno, vedete voi; i miei erano uno da 5 cm e l'altro da 6,5cm nelle parti ancora rivestite, vedi foto).
Uno spezzone di filo collegherà il reoforo liberato di R93 al piedino n°3 (anodo) della EL34 destra (che poi è quella "sottostante", la più vicina, non potete sbagliare) e l'altro spezzone
collegherà
R94 al piedino n°3 dell'altra EL34.
I piedini n°3 degli zoccoli sono collegati ai maschi fast-on che
sulla PCB sono siglati come P6 e P9 e che collegano gli anodi delle due EL34
alle rispettive prese sull'avvolgimento primario del TU.
In sintesi, il terminale P6
corrisponde all'anodo della EL34 che fa capo a R93, mentre P9 corrisponde
all'anodo (e quindi al piedino n°3) della EL34 che corrisponde a R94.
Per effettuare i due collegamenti ho
saldato uno spezzone di filo tra il reoforo liberato di R93 e la parte opposta
del fast-on siglato P6 (sulla faccia opposta della PCB, dove il fast-on è saldato alla stessa), mentre l'altro spezzone di filo
l'ho saldato con un capo al reoforo liberato di R94 e l'altro capo sotto P9.
Una volta effettuati i collegamenti,
ho fatto in modo che i reofori di R93 ed R94 utilizzati per i rispettivi
collegamenti agli anodi fossero distanziati dalla superficie della PCB (e
quindi dal precedente foro di saldatura) di un paio di millimetri, dopodiché ho riempito tale spazio con della colla a caldo,
anche per rendere stabile il tutto ed evitare che i reofori potessero tornare a
fare contatto con i fori che già li ospitavano.
Scusate se sono piuttosto
ripetitivo, forse inutilmente, ma è meglio essere un po' noioso che lasciare qualsiasi dubbio in chi
intenda effettuare la trasformazione del proprio Night Train 50. Comunque le
foto allegate a questo post dovrebbero risultare sufficientemente esplicative.
Per essere sicuro di evitare qualsiasi contatto elettrico tra i nuovi R39 ed R40 e lo chassis (quindi con la massa, il che avrebbe gravi conseguenze), ho preferito applicare nella zona interessata dello chassis due strisce sovrapposte di nastro isolante, aiutate a rimanere in sede anche da un po' di colla neoprenica.
A questo punto le EL34 della VOX NT50 sono connesse a triodo.
Ho ritenuto opportuno sostituire
anche i resistori siglati R39 ed R40, che si trovano nelle immediate vicinanze
di R93 ed R94, ma sono “infinitamente” più
piccole e, quindi, per le solite ragioni di “minimalismo produttivo” industriale sono da solo 1/8 di Watt.
Queste, del valore di 5,6 KOhm, sono
le tipiche grid stoppers delle griglie controllo (G1, piedino n°5 dello zoccolo portavalvola) delle EL34, quando vengono connesse a pentodo.
Per la connessione a triodo le G1
grid stoppers sono ancora necessarie, ma è sufficiente il valore ben più basso di soli 100 Ohm (avete letto bene, cento Ohm invece dei
precedenti cinquemilaseicento) per garantire la stabilità funzionale delle EL34.
L'ideale, a livello di prestazioni
dinamiche, sarebbe poter fare a meno delle grid stoppers, ma è già significativo poter adottare i valori più bassi possibili permessi dal contesto operativo.
Quindi ho eliminato R39 ed R40
originali e li ho rimpiazzati con due resistori da 100 Ohm, appunto, e 1/2W di
potenza (o 0,5W, se preferite), ad impasto di carbone e quindi anche
antiinduttivi.
(R39 ed R40 di serie le ho lasciate sulla PCB, ma sono saldate soltanto da una parte, quindi non fanno più parte del circuito)
(R39 ed R40 di serie le ho lasciate sulla PCB, ma sono saldate soltanto da una parte, quindi non fanno più parte del circuito)
A questo punto la trasformazione
pentodo-triodo delle EL34 può considerarsi ultimata. Nelle altre testate rielaborate a triodo ho
riconfigurato anche lo stadio pilota per farlo funzionare con la ben più prestante ECC82/12AU7, ma qui il budget non lo
permetteva.
Adesso tocca alla regolazione del
bias.
La misura della corrente di riposo
(il bias, appunto) che attraversa ognuna delle EL34 può essere monitorata per via diretta o indiretta.
Cosa significa? Che invece della
misura diretta della corrente (detta corrente anodica o Ia) espletabile
collegando IN SERIE un milliamperometro tra il catodo di una valvola e la massa
del circuito (il riferimento negativo), andremo a misurare la tensione che cade
ai capi di un resistore (solitamente del valore di 1 Ohm) collegato tra il
catodo e la massa e quindi attraversato dalla stessa corrente anodica che
attraversa la EL34.
Questa misura si effettua con un
millivoltmetro i cui puntali vanno collegati IN PARALLELO al resistore-sonda,
ovvero ai suoi capi.
Per misurare la corrente
direttamente, ovvero tramite il milliamperometro (con fondo scala a 200 mA, sul
mio tester), bisogna dissaldare il resistore-sonda e rimpiazzarlo,
praticamente, dopo averlo dissaldato, con il milliamperometro stesso. Quindi,
invece di essere attraversato il resistore-sonda, dalla corrente che scorre
nella valvola, in questo modo viene attraversato lo strumento stesso. Questa
pratica, però,
è scomoda e se
non viene attuata con cognizione di causa può essere pericolosa per le valvole e, soprattutto per
il TU stesso, nel caso si stacchi accidentalmente un puntale del tester. Io
l'ho fatto per pignoleria, ma voi potete accontentarvi tranquillamente del
metodo "di bordo", che è attendibile e andate sicuri ugualmente.
Dunque, con l'ampli capovolto (se avete
asportato il coperchio superiore, ponete un oggetto solido di spessore adeguato tra il
piano di appoggio e il TU, per fare in modo che le EL34 non appoggino loro
stesse sul tavolo di lavoro...) togliete le quattro viti e quindi il coperchio
inferiore dello chassis).
E' importante ricordare che prima di
accendere l'amplificatore deve essere collegato un carico all'uscita
altoparlanti. Potete anche collegare il diffusore con cui suonate... Io ho preferito
collegarci un jack connesso con due spezzoni di filo ad un resistore da 8,2
Ohm/10W in cassa ceramica, che uso come carico fittizio per alcune misure che
effettuo.
Altro consiglio che mi sento di
dare, prima di procedere alla misurazione/regolazione del bias, è di ruotare a zero tutti i potenziometri dei GAIN e
VOLUME.
A questo punto si accende
l'amplificatore e lo si lascia scaldare per almeno una decina di minuti / un
quarto d'ora. Poi si prende il tester (o multimetro, come preferite) e lo
si imposta su millivoltmetro, col fondoscala a 200 mV (sul mio tester,
sul vostro potrebbe essere, magari, da 100 mV...).
I due resistori-sonda hanno il corpo
azzurro e sono siglati uno R30 e l'altro non lo so, perché nell'esemplare che mi è stato consegnato era bruciato ed ha annerito
parzialmente anche la zona di PCB interessata, con la relativa scritta...
Comunque si vede dalle foto e si trova immediatamente a destra del porta terminali bianco siglato BIAS.
Comunque si vede dalle foto e si trova immediatamente a destra del porta terminali bianco siglato BIAS.
Adesso si può procedere in due modi: o si applicano i puntali del
tester direttamente ai capi del resistore sul quale effettuare la misura,
oppure si tocca con il puntale di massa il terminale centrale dei tre che
alloggiano nel rettangolino bianco siglato BIAS e si tocca, alternativamente,
con il puntale positivo,
uno dei due terminali laterali.
In ogni caso si andrà a leggere un risultato tipo XX.X (per esempio 35.2),
che sono i milliVolt presenti ai capi del resistore a causa della corrente che
lo attraversa dopo aver attraversato la EL34. Magari cercate e leggetevi
qualcosa a proposito della "legge di Ohm" sulla Wikipedia o su
qualche libro di fisica o di elettrotecnica generale.
Intanto vi basti sapere questo:
poiché i
resistori-sonda sono del valore di 1 (uno) Ohm, la relazione lineare che
sussiste tra corrente che scorre e tensione presente ai capi del resistore è anche matematicamente immediata. Quindi se scorre 1
milliAmpére nel
resistore, leggeremo 1 milliVolt di tensione. Se scorrono 40 mA, leggeremo 40
mV e così via, ma la
cosa importante è che staremo leggendo, direttamente, il valore esatto dei milli Ampére che ci interessano, anche se lo strumento di misura
è impostato sui
milliVolt!
Appena ho sostituito il
resistore-sonda bruciacchiato, ho acceso l'ampli per sentire cosa succedeva e,
visto che sembrava suonare normalmente, ho proceduto alla misurazione del bias.
Ho trovato circa 35 mA sulla EL34 sinistra, quella corrispondente al resistore
appena sostituito, mentre su R30 ho rilevato circa 25 mA! La differenza era
troppa e rischiava anche di arrecare danni irreparabili al TU.
(dalle ultime due foto si vede la nuova sistemazione dei due resistori sonda: non li ho saldati più nelle ripettive piazzole sulla PCB, ma in queste ultime ho saldato quattro connettori di un paio di centimetri l'uno, al termine dei quali ho saldato, poi, i resistori. In questo modo, se dovesse di nuovo andare in fumo uno di loro, non sarebbe necessario smontare tutto l'amplificatore per sostituirlo, ma sarebbe sufficiente togliere il coperchio inferiore ed effettuare rapidamente l'operazione)
(dalle ultime due foto si vede la nuova sistemazione dei due resistori sonda: non li ho saldati più nelle ripettive piazzole sulla PCB, ma in queste ultime ho saldato quattro connettori di un paio di centimetri l'uno, al termine dei quali ho saldato, poi, i resistori. In questo modo, se dovesse di nuovo andare in fumo uno di loro, non sarebbe necessario smontare tutto l'amplificatore per sostituirlo, ma sarebbe sufficiente togliere il coperchio inferiore ed effettuare rapidamente l'operazione)
Tutto ciò anche perché, da quanto ho capito, il proprietario di questo VOX aveva sfilato le
valvole di serie e le aveva sostituite brutalmente, senza controllare e
regolare nuovamente il bias...
Comunque ho constatato che né il TU né tantomeno le nuove EL34 JJ Tesla hanno riportato danni evidenti.
Dopo aver implementato la
riconfigurazione a triodo delle EL34, come esposto sopra, ho effettuato la
regolazione del bias, portando entrambe le EL34 a lavorare con i seguenti
parametri: Vak (tensione anodica, tra anodo/G2 e catodo)= 465V ; Ia (corrente
anodica, che scorre a riposo tra anodo/G2 e catodo)= 42mA ; VG1 (tensione tra griglia
controllo e catodo= -38,5V. NOTA: la VG1 si misura dopo aver rimosso
fisicamente la PCB che ospita i jack di collegamento agli altoparlanti, senza
comunque discollegarla elettricamente; si regola il tester con fondo scala a
200V e si pone un puntale alla massa/chassis dell'ampli e il puntale rosso su
R39 o su R40; accanto al valore letto comparirà il segno negativo.
Moltiplicando P=VxI =465 x 0,042 (i
miei desiderati 42 mA) si ottengono circa 19,5W, che è la potenza dissipata A RIPOSO da ognuna delle EL34.
Se si considera che in quel mentre la tensione di rete era di ben 251 VAC (dove
abito io è
alta, da un po' di tempo) e che alla EL34 si possono far dissipare
tranquillamente 21 o 22W (25W massimi teorici) senza ripercussioni negative
sulla sua salute, si comprende che l'impostazione che ho scelto è, comunque, decisamente "conservativa", ed
ho anche avvicinato maggiormente la classe AB nella quale lavora lo stadio
push-pull alla classe A pura.
Altro che cambiare le valvole
"a scimmia" ogni due o tre mesi, come fanno alcuni. Le valvole cominciano a dare il
meglio di sé,
sonicamente, dopo diverse decine di ore di funzionamento (rodaggio), perché i materiali che emettono gli elettroni, di cui sono
rivestiti i catodi, devono avere il tempo di assestarsi per
bene e andare a regime.
Quindi più
tempo le valvole funzionano, tanto più suonano meglio e diventa stabile il loro bias. Il fenomeno del rodaggio
è
particolarmente accentuato nelle valvole di produzione russa (Sovtek, Electro
Harmonix e Svetlana, che sono anche le mie marche preferite) che, però, dopo questo primo periodo di
funzionamento sono le
migliori. Da tutto ciò si deduce quanto sostituire spesso le valvole sia controproducente,
oltre che inutile.
Ho letto, sotto ai potenziometri VR3
e VR4, che la corrente di bias scelta dalla VOX sarebbe di 35mA per valvola, ma
mi sembra davvero uno spreco, anche se grazie alla configurazione a pentodo,
così come l'ampli
viene proposto dalla casa, riesce lo stesso ad ottenere una potenza in uscita
piuttosto alta. La configurazione a triodo suona meglio del pentodo puro
(provare per credere), soprattutto quando il circuito non è dotato di controreazione ad anello (come in questo
caso, fino a prova contraria), però produce potenze inferiori, a parità di condizioni al contorno, per cui ho preferito,
anche per questo, aumentare fino a un certo punto la corrente di riposo e
quindi la potenza dissipata dalle EL34.
Ciò visto che la potenza in uscita è, almeno fino a un certo punto, proporzionale
alla potenza dissipata a riposo, così nei transistor come nei tubi a vuoto.
Unitamente al fatto che, riducendo
il valore dei G1 stopper da 5,6KOhm a 100 Ohm è aumentato il potere di pilotaggio delle EL34 in
regime dinamico da parte della ECC83/12AX7 deputata allo scopo, ho recuperato “dinamicamente” un’altra
parte della potenza di uscita che avevo perso passando dalla configurazione
pentodo a quella a triodo. Con i nuovi resistori da soli 100 Ohm, lo stadio
pilota riesce ad erogare più corrente nelle griglie G1 delle EL34, tanto più quanto il segnale amplificato diviene consistente.
In ogni modo non mi sembra proprio
che il Night Train adesso lasci a desiderare in quanto a potenza erogata! L'ho
collegato alla mia cassa personale, realizzata intorno ad un solo Eminence V12
Legend (8 Ohm) e, suonandoci in casa, il volume si deve tenere comunque basso...
Ho girato un video per YouTube, che ho linkato anche qui, e spero che possa essere abbastanza
eloquente.
Peccato
che il chitarrista “medio” sia stato indotto a
ritenere che la configurazione a triodo dei pentodi di potenza sia solo un
espediente per ridurre la potenza di uscita, che in tanti contesti è anche poco gestibile...
Come
sto cercando di dimostrarvi, assestando opportunamente un serie di condizioni
circuitali al contorno, la potenza erogata non lascia molto a desiderare e le
sonorità
migliorano decisamente. Tutto ciò, però, contrastava con le esigenze degli
utenti di testate testate “tradizionali”, specialmente quando
non esistevano i sistemi PA e contrasta, ancora......... con le esigenze dei
produttori industriali, che cercano sempre di impressionare con elevate
potenze, soprattutto quando per loro si rivelano davvero a basso costo.
Ritornando alla questione della mera
regolazione del bias, sulla PCB ci sono due trimmer, siglati VR3 e VR4. E',
questa, una scelta progettuale encomiabile, da parte della VOX, perché permette non solo di regolare la corrente nei tubi di
potenza, ma anche di bilanciarla con precisione (offset zero, come sarebbe d'uopo in ogni amplificatore
push-pull che si rispetti). Lavorando su un clone della famosissima Soldano SLO
100, invece, rimasi negativamente sorpreso constatando che ci avevano messo un solo trimmer che regola,
contemporaneamente, la corrente in tutte e quattro le valvole (6L6GC o EL34)
del push-pull parallelo, senza permettere di regolare, almeno, l'offset tra i
due rami... Ciò
che mi indispettisce maggiormente è che, da quanto ho sentito dire in giro, la testata originale se la
fanno pagare una cifra intorno ai 6000 USD!!! Sulla possibilità di trovare davvero coppie o addirittura quartetti di
valvole realmente selezionate e accoppiate, nutro seri dubbi. Anche se fosse,
le valvole vengono selezionate, nella migliore delle ipotesi, dopo che hanno
fatto solo qualche ora di rodaggio, mentre il loro comportamento, anche se con
un certa lentezza, continua a variare nel corso della loro vita operativa
(anche invertendo la tendenza), per cui un sistema di trimmer che permetta di
regolare ed azzerare anche l’offset tra i tubi di potenza nei finali push-pull come pure nei single
ended paralleli (SEP), periodicamente, è sempre auspicabile, se non necessario.
Adesso
basta con le
polemiche e torniamo a noi. Dicevo che VR3 e VR4 hanno la stessa funzione di
regolazione indipendente della corrente di riposo, rispettivamente per la EL34
più vicina al TU e
per la EL34 più
vicina al TA. Mi aspettavo che uno dei due si occupasse di regolare
contemporaneamente la corrente nei due rami (come nel caso della Soldano SLO),
mentre l'altro provvedesse al bilanciamento, come accade in molti push-pull,
anche Hi Fi, ma come vi ho detto non è così.
Ogni trimmer interviene esclusivamente sul bias di una rispettiva EL34.
Per regolare questo benedetto bias
ho prima tolto le EL34 dall'ampli, poi ho rimosso la PCB che ospita le prese
jack per gli altoparlanti (lasciandola penzolare fuori dall'ampli senza
scollegarla elettricamente e sempre con il resistore da 8,2 Ohm collegato all’uscita) in modo da accedere a R39 ed R40. Poi ho
rimosso, aiutandomi con la lama di un taglierino, la vernice che “sigillava” la regolazione precedente dai due trimmer. Quindi, usando un
giravite a croce, ho ruotato completamente verso destra sia VR3 che
VR4. Così ho ottenuto i
massimi valori negativi di tensione per le G1, corrispondenti ai valori più bassi possibili di correnti di riposo nelle valvole.
Poi, uno alla volta, ho regolato i due trimmer in senso antiorario, fino ad
ottenere VG1 di -38,5V per entrambe le EL34 (per adesso smontate dall’ampli). Quindi ho spento il VOX e ho rimesso le EL34
al loro posto. L’ho capovolto di nuovo, l’ho riacceso e dopo alcuni minuti ho misurato i milliVolt ai capi dei
resistori-sonda. Si oscillava fra i 41,5 e i 42 mV (e quindi, come già detto, mA): proprio il valore che cercavo. A questo
punto potrebbe sembrare già ottenuto anche l’offset zero tra le due EL34, e volendo, si potrebbe anche ritenere che
sia così. Da bravo
pignolo, però,
ho ottenuto la regolazione fine dell’offset collegando, tramite dei coccodrilli, un puntale del tester al
reoforo di uno dei resistori sonda e l’altro puntale all’altro resistore, sempre col il tester impostato sui 200 mV. E’ indifferente a chi venga collegato il puntale rosso e
a chi il nero, l’importante è che ogni puntale venga collegato al reoforo che fa capo al catodo della
valvola corrispondente, e non alla massa. Per individuare quali sono i reofori
collegati ai catodi, potete fare nel modo seguente: misurate la tensione ai
capi del singolo resistore e, se la polarità è corretta (puntale rosso sul reoforo al catodo e puntale nero sul
reoforo a massa) troverete un valore senza il segno meno davanti. Allora il
puntale rosso indica il reoforo collegato al catodo.
Quando i puntali del tester sono
collegati ai catodi delle rispettive valvole (comunque sono i piedini n°8) si leggerà qualche valore molto basso, potrebbe essere 0,008, per esempio. Allora
agirete su uno dei trimmer, VR3 o VR4, molto delicatamente, fino a leggere 0,00.
Adesso non mi resta che elencare le
altre elaborazioni che ho ritenuto il caso di apportare su questo circuito.
Innanzitutto ho sostituito i diodi
raddrizzatori dell’alimentatore anodico. Ho montato gli UF4007 (ultraveloci, producono meno
rumore) al posto dei soliti 1N4007.
In parallelo alla prima capacità di filtro dell’anodica, formata da una serie di due elettrolitici da 330
microfarad/350V, ho collegato un condensatore a film plastico da 0,1
microFarad/630V, per contrastare meglio i disturbi ad alte frequenze.
Ho discollegato tutti i piccoli
condensatori da 1 nanoFarad (otto in tutto) posti in parallelo ai diodi
raddrizzatori, sia dell’alimentatore anodico che di quello del bias, perché non attenuano le armoniche spurie prodotte dalla
commutazione dei diodi, ma ne spostano soltanto più in basso le relative frequenze. Per ottenere
efficacemente la funzione di soppressione di queste armoniche indesiderate,
ho applicato,
piuttosto, tra ognuno dei due ponti a diodi e il rispettivo avvolgimento
secondario del TA, in parallelo a questo, una rete snubber composta da un
condensatore a film plastico da 0,1 microFarad e due resistori in serie da 100
Ohm, come visibile nelle foto.
Ho applicato anche, come dovrebbe
essere la norma pure per i produttori industriali, un condensatore antidisturbo
di classe X2,
da 0,1 microFarad, in parallelo all’avvolgimento primario del TA, quindi dopo l’interruttore di accensione MAIN.
Non è stato necessario applicare il solito, opportuno, partitore di sollevamento dell’alimentazione filamenti (in arte la “heaters mod.”) in quanto ho constatato che i filamenti sono già sollevati dalla massa del circuito, di circa 25 Volt. Portare il filamento ad un potenziale positivo rispetto al catodo produce una diminuzione del rumore di fondo prodotto dalle valvole, con un miglioramento generale della qualità del suono.
Purtroppo tutte le valvole sono accese con 6,3V alternati, direttamente da un secondario del TA. Sarebbe davvero il caso di accendere le ECC83 con una tensione continua (e magari anche stabilizzata), ma da un prodotto industriale sarebbe pretendere troppo.
Purtroppo tutte le valvole sono accese con 6,3V alternati, direttamente da un secondario del TA. Sarebbe davvero il caso di accendere le ECC83 con una tensione continua (e magari anche stabilizzata), ma da un prodotto industriale sarebbe pretendere troppo.
Non meno importante ai fini della
resa sonica, ho tenuto acceso l’ampli per due giorni di fila, in modo da far rodare almeno in buona
parte le valvole, ma anche il resto della componentistica. Ho collegato ad una
delle uscite a 8 Ohm un carico fittizio composto dalla serie/parallelo di
numerosi resistori in cassa ceramica per un valore complessivo di 8,2 Ohm e,
all’ingresso, con
interposto un potenziometro per attenuare il segnale applicato (altrimenti
troppo elevato per una testata da chitarra), ho collegato un lettore di CD
caricato con una compilation molto lunga di Mp3 vari. Ho regolato il GAIN del
canale pulito e il volume di uscita in modo che i resistori di carico non si
scaldassero più
di tanto… Non mi alzavo,
comunque, di notte per controllare che il CD non fosse finito per poterlo
rimandare daccapo (!....), tanto l’importante è che l’ampli
stia acceso, poi se ha anche un segnale da amplificare è sicuramente meglio, ma non indispensabile.
Diciamo
che le valvole cominciano a suonare davvero non prima di due giorni di
funzionamento ininterrotto e che il rodaggio può considerarsi davvero ultimato dopo una
decina di giorni di funzionamento. Ebbene è così.
Coglierei
l’occasione
per far notare una cosa a proposito dello STAND BY, tanto diffuso negli
amplificatori per chitarra. Tipicamente, questo interruttore interrompe la
fornitura di tensione anodica, quella che provoca lo scorrimento della corrente
all’interno
delle valvole, lasciandone accesi solo i filamenti.
Se
i catodi sono caldi, grazie ai filamenti già accesi, e si dà improvvisamente la
tensione di alimentazione anodica tramite lo STAND BY, si procura alle valvole
un forte stress che, ripetuto nel tempo, può portare al fenomeno del “cathode stripping”, ovvero i materiali
di cui sono rivestiti i catodi i quali emettono gli elettroni, si staccano dal
catodo e se ne vanno a spasso nella valvola. Se, poi, questi materiali vanno ad
attaccarsi sulle griglie, si posso verificare altri fenomeni particolari....
Quindi
cercate di accendere i vostri ampli alzando contemporaneamente sia il MAIN che lo
STAND BY e poi, per spegnerli, abbassate prima lo STAND BY e, dopo una decina
di secondi, anche il MAIN.
CONTATTI: asar.amplification@gmail.com altersonus@gmail.com
PER ILNUMERO DI TELEFONO PREGO CONTATTARMI VIA EMAIL
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